
Raccontaci il tuo passato e la tua carriera da allenatore?
Ho iniziato ad allenare all’età di diciannove anni nel Base 96 di Seveso. Dopo un paio di anni di gavetta in qualità di collaboratore, ho iniziato a gestire autonomamente la squadra dei Pulcini 2006 dell’Ardor Lazzate. E’ stato un biennio vissuto in prima persona che ha inciso in maniera importante sulla mia formazione da allenatore: mi ha fatto capire davvero tanto e mi ha migliorato, in particolar modo dal punto di vista gestionale e organizzativo. C’è davvero un mondo dietro quello che è l’aspetto tecnico-tattico dell’allenare una squadra, a prescindere dalla categoria.
In seguito, ho vissuto tre stagioni tanto fantastiche quanto indimenticabili al timone dei Pulcini 2009, mentre ora sono con orgoglio alla guida degli Esordienti 2010. A livello affettivo, queste squadre e ognuno di questi ragazzi rimarranno nel mio cuore per molto tempo, ne sono certo.
Nel frattempo, grazie alla disponibilità della Società, io e mister Andrea Tumiati abbiamo intrapreso anche un percorso di allenamenti individuali, chiamato FastLab, che ci sta dando grandi soddisfazioni e ha coinvolto fino ad ora un gran bel numero di tesserati.
Quali pensi possano essere le tue caratteristiche da allenatore?
Nel calcio, al giorno d’oggi, le parole chiave sono intensità e fluidità di gioco, le quali accompagnano chiaramente l’aspetto tecnico. Cerco di allenare quanto più possibile tutto ciò oltre al provare a trasmettere la mia tremenda passione alla squadra e condividere i miei valori con ogni ragazzo. Dal punto di vista tattico, penso che un buon allenatore sia quello che riesca ad adattarsi alle caratteristiche della squadra a sua disposizione e la renda in grado di leggere prima dell’avversario determinate situazioni di gioco comportandosi di conseguenza. Ormai si parla davvero tanto di princìpi nel mondo del calcio.
Mi rendo conto di essere diventato molto esigente sia durante l’allenamento che in partita, pretendo tanto, ma lo ritengo funzionale alla crescita. Infatti, per migliorarsi non bisogna cullarsi su quanto di buono fatto, ma cercare di trovare sempre aspetti in cui fare meglio senza mai accontentarsi troppo.
Provo a non lasciare nulla al caso e a curare in prima persona ogni minimo dettaglio di quella che è la gestione della squadra. Cerco di dare sempre il 200% per i miei ragazzi.
Sul lato socio-relazionale, ritengo che ogni ragazzo vada trattato in maniera diversa a seconda del suo carattere e della sua personalità. Sarebbe un errore standardizzare un modo di approcciarsi ad ogni componente della squadra. Inoltre, mi piace essere parecchio presente con loro e condividere esperienze che vadano oltre ai classici impegni calcistici settimanali con attività extra campo che coinvolgano emotivamente il gruppo. Purtroppo, in questi ultimi anni tutto ciò si è reso più complicato per le problematiche relative al Covid-19.
Perché hai deciso di accettare la proposta dell’Ardor?
Stiamo parlando di ormai quasi otto anni fa. L’Ardor era ancora un qualcosa di completamente diverso rispetto ad ora. Era un ambiente che aveva delle importanti lacune. Si sono fatti dei progressi più che evidenti: mi riferisco all’assetto societario prima ancora che alle strutture, alla qualità delle rose, ai traguardi raggiunti, all’appeal e all’immagine che si percepisce dall’esterno. Tutto va di pari passo.
Rifarei questa scelta altre diecimila volte, oggi ancora più di allora, senza ombra di dubbio. Si percepivano già all’epoca sensazioni positive: ora si sono concretizzate. Ormai Lazzate è diventato il mio habitat naturale, la mia seconda casa. Ci sono molto legato.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri qui in Ardor?
Desidero completarmi il più possibile come allenatore per essere sempre più incisivo sui ragazzi. Dal punto di vista della formazione personale, dopo aver conseguito il patentino Uefa C, ho interesse a restare sempre aggiornato e cercare di conoscere più correnti di pensiero per poi elaborarne uno mio. Ritengo che da chiunque si possa imparare qualcosa e non si debba mai smettere di farlo.
Il mio obiettivo e la mia speranza sono quelli di rileggere questa intervista tra qualche anno e rendermi nuovamente conto che l’Ardor nel suo complesso abbia compiuto un ulteriore passo in avanti. Il Lazzate mi ha dato tanto e, spero, in minima parte, di aver contribuito alla sua crescita e di continuare a farlo, a prescindere da quello che potrà essere il mio ruolo all’interno della Società.
Grazie Simone e buon lavoro!